Cambia la competizione ma non la prestazione. Spalletti lascia la Roma in panchina

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dzeko totti

Le prestazioni del singolo e della squadra possono risultare agli occhi di chi le guarda, diverse. Nonostante la partita sia sempre la stessa, molti e disparati, possono essere i commenti che seguono al match appena visto in televisione o allo stadio. Perché il bello del calcio è proprio questo, ognuno può dire la sua e pensare di avere ragione.

Ma se c’è una cosa che incontrovertibile e che non può essere opinabile, è la matematica, o meglio i numeri. Le statistiche che accompagnano i vari percorsi, i vari cammini europei della squadra di Trigoria infatti, esprimono nel migliore dei modi il concetto.

Nelle ultime 10 gare in Champions League, Pallotta & Co, hanno collezionato 1 vittoria, 4 pareggi e 5 sconfitte. Dati che spaventano già da se, ma che se vengono accostati a quelli della competizione europea figlia di un Dio minore, ovvero l’Europa League, 10 gare, 2 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte, allora, l’equazione esprime un risultato chiaro, semplice e diretto.

La Roma non ha una mentalità europea, non ha e non ha avuto, negli anni, una squadra così forte come si pensava e credeva.

Quei “campioni” tanto osannati durante il periodo estivo, non si sono dimostrati tali nel corso delle varie stagioni. Eppure tutti o quasi, quando sono andati via, sono stati rimpianti come se senza di loro non si potesse vincere, (ma allora perché non lo si è fatto?) e quelli che sono rimasti si sono sentiti in dovere di chiedere un ritocco verso l’alto per il proprio ingaggio.

Ma il piacere del lauto compenso dovrebbe giungere solo dopo il dovere e il sudore lasciato sul campo. Come il dovere di onorare la maglia giallorossa e di onorare le competizioni in cui si partecipa senza pensare alla partita successiva. Perché a parole tutti dichiarano di voler vincere ogni singola contrasto, di voler lottare per ogni singolo pallone, di voler conquistare sempre i 3 punti, ma poi i fatti sono diversi.

Perfino il tanto amato tecnico Spalletti sbugiarda se stesso. Alla vigilia del match aveva affermato di voler competere fino alla fine, di voler arrivare a leggere i titoli di coda dell’Europa League. Eppure inserisce in campo molti debuttanti, troppi anche per una squadra non così blasonata come il Viktoria Plzen. Anche se ora tutti provano a far passare la squadra ceca come il nuovo Barcellona. Ma il concetto iniziale, quello sui numeri, torna anche qui. Perché anche l’avversario di ieri ha statistiche europee a dir poco disastrose; nelle ultime 10 gare in Champions League 2 vittorie, 3 pareggi, 5 sconfitte mentre nelle ultime 10 gare in Europa League 3 vittorie, 2 pareggi, 5 sconfitte.

Forse saranno stati proprio questi dati a far pensare a Spalletti di schierare Iturbe, Gerson (perché schierarlo e poi cambiarlo dopo 45′ minuti?), Juan Jesus (caviglia dolorante da settimane, ma comunque ha sempre giocato) Fazio e Paredes tutti insieme e dal primo minuto. Non perché siano scarsi, ma già i cosiddetti titolari non offrono garanzie, figuriamoci le seconde linee. Inoltre sorgono spontanee due domande, perché provarli in una competizione europea per la prima volta? E perché non mettere dall’inizio Totti e Dzeko che tanto hanno fatto bene nell’ultima apparizione in campionato?

Gli esperimenti infatti, sarebbe meglio farli in fase di preparazione estiva, in amichevole, non quando in ballo c’è il passaggio del turno e il prestigio di una squadra da costruire.

Ovviamente nessuno afferma o pensa che la Roma non riuscirà a qualificarsi per il turno successivo dell’Europa League, perché sarebbe un suicidio calcistico difficile da attuare anche per questa poco vogliosa e allenata Roma, ma anche qui i primi passi mossi non sono incoraggianti.

Come quelli appena fatti in Champions League, in campionato e ora in EL.

Un inizio di stagione non proprio esaltante, anzi, per molti versi preoccupante. Perché se i tifosi portavano con se una certezza dallo scorso anno, quella era la bravura del tecnico di Certaldo. Capace di tirar su la Roma dalla macerie della gestione precedente, di dar alla squadra un gioco bello a vedersi ma anche proficuo, di saper registrare la difesa e migliorare l’attacco, ma soprattutto di tirar fuori il meglio dai singoli calciatori. Ma parafrasando De Andrè, sembra che ora siano diventati diamanti, mentre prima erano sbocciati i fiori.

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior..

 

Edoardo Albanese

1 commento

  1. Complimenti mi trovi perfettamente d’accordo, si ha la sensazione che Spalletti remi contro,…e poi visto quello che è capace di fare ancora…metti in campo Francesco Totti sempre e per sempre

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